Coaching & Change Management

No Comments »
Novità di Coaching!
Se la tua azienda è in fase difficile o di transizione, se la tua professione non è più quella di una volta... contatta il tuo Business Coach! Clicca qui
  
Condividi con i tuoi amici

Coaching & Change Management

Supportare un processo di cambiamento con l’approccio del coaching.

Un paio di settimane fa un amico mi ha chiesto in che modo quello che facessi (come coach) potesse supportare un processo di cambiamento e così mi sono messo a scrivere tutte le mie considerazioni in merito al coaching e al cambiamento.

Le due frasi in cui più mi ritrovo quando parlo e penso al cambiamento (vivo da sempre come agente di cambiamento, come project manager prima e oggi come responsabile di servizi di collaborazione con i clienti) sono di Machiavelli e di Eraclito.

Eraclito ci dice che: «…tutto fluisce e niente è stabile; tutto passa e niente rimane fermo… È nel cambiamento che le cose riposano…»

Quindi il cambiamento è un fatto naturale della vita umana (pensiamo solo al processo di invecchiamento, se non è un cambiamento quello!)

Ma se il cambiamento è inevitabile cosa lo rende così difficile da attuare? e qui entra in gioco la seconda delle due frasi, Machiavelli nel “Principe” scrive:

«…E debbasi considerare come non è cosa più difficile a trattare, né più dubia a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti quelli che delli ordini nuovi farebbono bene…»

Avremo “tepidi difensori” coloro che possono trarre un beneficio dal nuovo e per “nimici” tutti quelli che dal “vecchio” traggono benefici.

Partendo da questo punto di vista e considerando il grado di vantaggio o svantaggio che potrebbero ottenere iniziamo ad individuare diverse categorie di “interlocutori”.

Cosa vivono questi interlocutori, sopratutto coloro che ne avranno svantaggi?

Elisabeth Kubler Ross, nell’ambito dei suoi studi sulla reazione alla prognosi di morte, ha definito una struttura (rappresentata dalla figura seguente) di reazione a quel tipo di notizia.

Curva Kubler Ross

Questa stessa struttura ben si adatta anche a cambiamenti molto meno traumatici e invasivi. Quando lavoravo in consulenza e implementavo sistemi ERP sia come project manager che come business consultant, mi sono trovato molto spesso di fronte alle resistenze degli utenti che facevano di tutto per osteggiare il cambiamento in atto e la curva di Kubler Ross rappresenta gli stati emotivi (decisamente più lievi ed edulcorati) che vedevo svilupparsi nei più resistenti al cambiamento.

Frequentando il master al MIP e studiando i meccanismi di gestione del cambiamento mi è sorta la domanda: “perché in alcuni progetti il cambiamento non era faticoso e in altri si?!?”

La risposta potrebbe dipendere dal livello di commitment che le risorse coinvolte avevano ma anche dal livello di disfunzionalità che il vecchio sistema comportava nel lavoro quotidiano.

Questo viene spiegato dalla disequazione di Beckard & Gleicher:

Dissatisafaction * Vision * First step ≥ Resistance

Quindi la resistenza al cambiamento dipende dal grado di insoddisfazione dello stato attuale, da quale vision abbiamo (e quindi conosciamo, non solo quello che lasciamo ma anche quello verso cui vogliamo andare incontro) e da quali passi abbiamo già iniziato a compiere nel cammino del cambiamento.

Un aspetto interessante dato dalla formula è che le variabili che portano al cambiamento devono sussistere tutte contemporaneamente; se non vivo la situazione attuale come un problema non riuscirò a spostarmi da dove sono, se non ho (o mi viene trasmessa) una visione chiara dello stato futuro non saprò dove andare, se non sono stati fatti (o definiti) dei passi concreti verso l’obiettivo non saprò come fare a raggiungerlo.

Quindi riassumendo nella gestione del cambiamento ci troviamo con delle persone che sono consapevolmente o inconsapevolmente sulla curva di Kubler Ross la cui resistenza è governata dalla formula precedente.

Il coaching ha quindi l’opportunità di intervenire su entrambi gli aspetti andando a ristrutturare lo stato attuale portando ad emergere il problema latente (e quindi a generare l’insoddisfazione), aiuta a definire e comunicare in modo efficace la vision ed infine aiuta a identificare i passi concreti da fare per raggiungere l’obiettivo.

Allo stesso tempo, il coaching, accompagnerà le persone che si trovano nei differenti stadi della curva agendo in modo differenziato e guidandole verso il nuovo.

Il processo di sostegno delle persone che si trovano nelle prime due fasi della curva avranno bisogno di ristrutturare le loro convinzioni (limitanti) sull’effetto del cambiamento, nelle successive due fasi della curva  verrà accompagnato nella presa di consapevolezza del cambiamento. Il successivo passo sarà di sostenere la motivazione e l’impegno profuso e una volta che diventerà convinto del cambiamento ne diventerà un evangelizzatore, uno sponsor verso i suoi colleghi (e quindi simili a lui) aiutando enormemente il processo in corso.

Questo mi fa ricordare un’esperienza in una media azienda del sud, leader nel suo settore in fase di implementazione di un nuovo sistema ERP.

Lavoravo con l’assistente di uno dei direttori, una figura abbastanza operativa che osteggiava in tutti i modi il nuovo sistema e non riusciva a imparare le nuove procedure. All’epoca ero totalmente digiuno dei processi di gestione del cambiamento e improvvisavo abbastanza.

Un giorno, dopo aver provato ogni stratagemma, le chiesi che cosa sarebbe successo con il cambio di sistema. Lei mi rispose che non sarebbe stata più capace di fare il suo lavoro e che probabilmente sarebbe stata spostata, subendone l’umiliazione personale. Compresi il suo disagio e le chiesi cosa potesse fare di diverso e dopo un discreto divagare dando le responsabilità agli altri mi disse che poteva schematizzarsi le procedure in un modo differente da quello che avevo fatto io e avere un ambiente con dei casi concreti da risolvere per imparare. Sentii che era motivata nel fare questo e feci un patto con lei. Le promisi che non l’avrei lasciata sola nel percorso di apprendimento, che le avrei preparato immediatamente una serie di casi da gestire nell’ambiente di test e che sarei stato a sua disposizione per un’ora al giorno per risolvere i suoi dubbi ma che lei avrebbe dovuto dedicare almeno due ore al giorno a lavorare sul sistema, nonostante avesse le sue incombenze quotidiane.

Così fu e nel giro di un paio di settimane si sentì confidente nel nuovo sistema e volle capire anche le attività che stavano a monte e a valle del suo lavoro per capire come potesse essere più efficace nei confronti dei suoi colleghi o come dovesse chiedere che il lavoro prima del suo venisse svolto perché avesse meno problemi.

Alla fine si trasformò da utente più riottosa in quella più collaborativa ed entusiasta del nuovo sistema.

Oggi, guardando al mio percorso di crescita e alle mie esperienze, posso dire che per trasformare le persone da “nimici” a “difensori” è necessario creare un percorso di consapevolezza basato sulle seguenti fasi:

Awareness [consapevolezza] ➔ perché è necessario cambiare

Desire [desiderio/determinazione] ➔ attivare l’adesione proattiva delle persone coinvolte

Knowledge [conoscenza (pratica)] ➔ come attuare il cambiamento

Ability [attitudine] ➔ costruire i nuovi profili e i nuovi comportamenti

Reinforcement [sostegno]➔ sostenere/consolidare il cambiamento

Il coach quindi guiderà le persone che si trovano ai differenti stadi della curva verso l’obiettivo comune di cambiamento agendo sulla percezione dello stato attuale, fornendo loro una visione chiara, concreta e credibile del futuro che si delinea, accompagnandoli nei singoli passi necessari a realizzare quel futuro che è stato delineato.

Lo farà ascoltando i loro timori, aiutandoli a creare la loro visione positiva e funzionale del futuro, guidandoli ad estrarre le loro personali risorse per affrontare il cambiamento, supportandoli nel definire il loro piano d’azione e le possibili alternative necessarie a raggiungere l’obiettivo condiviso e accettato.

“La difficoltà più grande non sta nel persuadere le persone ad accettare nuove idee, ma ad abbandonare quelle vecchie.”



Potrebbe interessarti anche:



  
Condividi con i tuoi amici

Lascia un commento

*
*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.