Dirigere lo sguardo

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Lo sguardo del coach

Da che parte guarda il Life Coach nel suo lavoro?

Domanda enigmatica, forse scontata per chi ha ben chiaro cosa sia il coaching e quali siano i suoi confini, oppure impegnativa per chi ritiene che il “bicchiere mezzo vuoto sia la stessa cosa di quello mezzo pieno“. Ritengo però che porsela – ogni tanto – sia molto importante per chi voglia fare il nostro lavoro.

Ebbene, direi che non conviene al coach focalizzarsi con insistenza sul problema del cliente (singolo o gruppo) in quanto lo stesso – se non affrontato con la “giusta distanza” – rischierebbe di trascinarlo dentro ai meandri di quella crisi di autogoverno dalla quale scaturisce la domanda di coaching… e poi il cliente è già “esperto” del suo problema. Certamente il coach accompagna il coachee nella rielaborazione dei confini e dei contenuti dello stesso, facendogli acquisire forma e colori spesso più aderenti al reale, ma non è questo orientamento che facilita l’attivazione del cliente, la sua creatività e la proattività.

Allora forse il coach deve focalizzarsi sulla ricerca della soluzione?

No, non credo sia neanche questa la “giusta” direzione. Un coach che si focalizza sulla ricerca della soluzione diventerà impaziente di fronte all’eventuale difficoltà elaborativa del coachee, di fronte al suo tergiversare spesso frutto di insicurezze e paure, confrontandosi più con il proprio “cronometro” che con il “Kairos” (tempo di maturazione necessario affinché la cose accadino) del coachee. Il rapporto di coaching rischia così di essere permeato da suggerimenti, consigli, spinte del coach ad agire/pensare in un certo modo… nel suo modo. E come potrebbe attuarsi in tali condizioni la relazione maieutica che caratterizza ed è parte fondante ed imprescindibile del coaching stesso?

Forse la risposta alla domanda iniziale è più semplice del previsto: non al problema, non alla soluzione… ma al cliente!

E’ infatti nella dinamica affettiva creata dalla relazione facilitante instaurata ed alimentata dal coach che si compie il “miracolo” generatore di consapevolezza e stimolatore di creatività, grazie al quale il cliente inizierà il proprio percorso. Sta nella forza di questa relazione autentica di Accoglienza – Ascolto – Alleanza, che il coachee troverà la forza per affrontare il suo presente, per guardare con ottimismo il suo futuro, ed infine per iniziare con fiducia il proprio cammino di cambiamento.

 

Franco Rossi



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Questo post ha 2 commenti

  1. Federico Santarelli on aprile 7, 2019 at 11:29 Rispondi

    Grazie Franco Rossi di Senigallia per quello che hai scritto, ti auguro di realizzare ciò che realmente scegli di realizzare, auguri per onesto lavoro in coscienza per la via creativa e virtuosa, a quanto pare sei un coach dunque facilitatore di allenamento sportivo, buongiorno e buon lavoro! <3 … <3

  2. Antonella Frigato on aprile 27, 2013 at 14:45 Rispondi

    Sono pienamente d’accordo!
    L’esperienza di Coaching vissuta in modo autentico accompagna il Coachee nel suo percorso di autoconsapevolezza ed arricchisce altrettanto il Coach. Reciprocamente si sfumano i confini…chi più dona più riceve…e viceversa.
    Grazie Franco ;-)

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