L´evoluzione e il potenziamento delle competenze calde
„…io sono il padrone del mio destino. Io sono il capitano della mia anima…”
“Invictus”
1. Introduzione
Nell´ Agosto 2003, al ritorno dalla fantastica esperienza del Mondiale Juniores Maschile di pallavolo in Iran come assistente allenatore della Nazionale Tedesca maschile, rientrando alla mia routine giornaliera come consulente clienti alla Mainzer Volksbank di Mainz-Hechtsheim, l´allora direttore di filiale mi convoco´ per un colloquio urgente. Egli mi annuncio´ in maniera molto chiara che non tollerava piu´ le mie assenze plurisettimanali, anche se a volte non retribuite come ferie non pagate. Egli mi disse che capiva che il mio “hobby pallavolo“ era una cosa molto importante per me, ma collimava con gli interessi della banca e del portafoglio clienti. Inoltre, credendo nelle mie potenzialita´, mi promise promozioni e assistenza di tutti i tipi. Non voleva quindi che la mia attenzione e le mie energie andassero al di fuori del contesto bancario. In poche parole, mi mise spalle al muro. Nel Dicembre 2003, venni convocato dalla federazione tedesca pallavolo, ove mi fu chiesto diventare assistente allenatore di Hee Wan Lee, l´allora allenatore coreano della Nazionale Femminile Tedesca. Primo incarico Gennaio 2004: le Qualificazioni alle Olimpiadi di Atene 2004 a Baku in Azeirbajan. ! „Alle Olimpiadi???“ Domandai io esterrefatto. „ Si“ mi rispose Siegfried Kohler, l´allora direttore sportivo delle nazionali. „Alberto, noi siamo molto soddisfatti del tuo lavoro, per cui ti chiediamo di diventare il braccio destro di Hee Wan alle Olimpiadi di Atene. Abbiamo bisogno di te. Te la senti? Hai due settimane per decidere.“
Ero di nuovo con le spalle al muro. Avevo 37 anni.
Dovevo decidere in due settimane se cambiare completamente la mia vita, il mio lavoro, le mie abitudini familiari.
Cambiare tutto.
Andai a casa e ne parlai con mia moglie. All´inizio ella si dimostro´ molto entusiasta della cosa, ma appena capi´che, trasformare la mia passione in un lavoro a tempo pieno avrebbe comportato tutta una serie di problematiche, la piu´ importante` delle quali era l´assenza da casa per lunghi periodi, comincio´ a dubitare della mia scelta. „Alberto, perche´ devi cambiare? Quì hai tutto. Una moglie, una casa, un buon lavoro. Perche´ buttare via tutto al vento, soprattutto un lavoro sicuro per qualcosa che non sai se riuscirai a farne la tua fonte economica ed esistenziale? Perche´ cambiare?“ Da quella domanda parti´ la mia riflessione. Claudia, mia moglie, dalla quale in seguito divorziai anche a causa di molte altre incomprensioni, non poteva certamente immaginare il vortice che scateno´ nel mio profondo. Libero` involontariamente una motivazione interiore feroce mai avuta prima, che mi fece propendere per il cambiamento.
Sono passati 10 anni e posso dire che sono un allenatore affermato a livello internazionale soprattutto all´estero. Ho partecipato alle Olimpiadi di Atene 2004, al Mondiale 2006 in Giappone e a due Europei. Ho lavorato 5 anni con la nazionale tedesca dal 2003 al 2008 e stò per entrare nella mia 4a stagione con l´SC Potsdam, squadra della 1. Bundesliga femminile, (la serie A tedesca). Ho lanciato molte giocatrici che ora giocano in campionati europei e nelle diverse nazionali, osservando orgoglioso le loro vittorie e le loro medaglie in diverse competizioni.! La cosa che posso affermare con certezza e ´ che non tornerei piu´ indietro. Rifarei tutto quello che ho fatto.
Nella mia esperienza decennale da allenatore professionista, ho visto colleghi e giocatrici di tutti i tipi. Forti, preparati, lavoratori e lavoratrici instancabili. Il successo di queste persone e´dipeso pero´, oltre che dal talento individuale, da una componente imprescindibile: le cosiddette „Competenze Calde“.
L´allenatore che e´ stato capace di aiutare l´atleta a riconoscerle e a svilupparle, ha portato un enorme contributo al successo di una squadra e delle singole giocatrici.
Devo affermare che a volte ci sono riuscito. Altre volte no.
Attualmente, con il percorso di Coaching che sto per concludere, mi ha permesso di capire e di riflettere su alcuni aspetti che non conoscevo e che forse hanno limitato il mio raggio di azione lavorativo e personale. Soprattutto il percorso che deve fare un atleta (o che non deve fare) e´diverso a seconda delle sue motivazioni e del contesto in cui opera. Inoltre, il corso, mi ha permesso di capire che la correlazione tra autodeterminazione, la cura di se`, l‘agency e, non ultimo per importanza, il flow, che a mio avviso nello sport e´ la base principale dell´apprendimento motorio (importantissimo negli sport di situazione), portano a sviluppare e a potenziare le competenze calde, base di quel senso di autorealizzazione che da vita a felicita´, senso di pienezza e appagamento.
2. La Self-Determination Theory
La Self-Determination Theory, o SDT, e´una teoria della motivazione elaborata e sintetizzata da due professori universitari americani, Edward Deci e Richard Ryan. Essi affermano che in primo luogo la motivazione intrinseca e´autodeterminata, in quanto, essendo i comportamenti autodeterminati piu´gratificanti, la persona non avverte conflitto o tensione tra cio´ che desidera e cio´ che fa´. ! Secondo la SDT la felicita´dell´individuo e´ collegata con tre bisogni psicologici innati fondamentali:
Bisogno (o Area) di Competenza, cioe´ la necessità di sentirsi efficace nelle interazioni con l´ambiente e nell´esercitare ed esprimere le proprie capacita´
Bisogno di Relazioni (Area della Relazionalita´), cioe´il bisogno di sentirsi integrati con gli altri, di costruire e coltivare le relazioni.
Bisogno di Autonomia (Area dell´Autonomia), cioe´la possibilita´di compiere delle scelte, secondo la propria volonta´ e il proprio impegno, non imposte da altre persone.
Questi tre assunti (o aree di autorealizzazione) non sono intercompensabili tra loro, cioe´anche la totale soddisfazione di un bisogno/area non colma le altre.Partendo da questi presupposti e´chiaro che la motivazione intrinseca di una persona piuttosto che di un atleta ha come base la piena soddisfazione di questi bisogni/aree sopracitati.!
3. „Se non accetto quello che sono, le mie attitudini protestano!“
Prima che una persona vada a fondo delle proprie motivazioni che spingono a compiere certe azioni, uno dei tre passaggi chiave in un percorso di Coaching e ´quando il coachee prende consapevolezza che il prendersi „cura di se´“ e´ la parte fondamentale che da´ il via a quelle leve motivazionali decisive per il raggiungimento degli obbiettivi che portano all´autorealizzazione. Il riconoscimento, l´accettazione e l´ascolto di se´ stessi sono il „baricentro“ dell´intervento di coaching e lo scopo fondamentale e´ rendere consapevole il coachee delle proprie potenzialità´personali. Questo passaggio base permette la conferma o la nuova scoperta delle proprie potenzialita. L´allenamento costante spinto dalla motivazione intrinseca, permette di trasformare e migliorare le proprie competenze, in tutti gli ambiti della vita, permettendo di fare scelte secondo la propria volonta´e responsabilita´. ! In poche parole, il percorso di coaching è la messa in atto dei tre punti chiave della SDT.
Il concetto del „prendersi cura di se“ era gia´un tema della filosofia nell´antica Grecia e in particolare dell´Oracolo di Delfi. Un passaggio fondamentale dice che: „ …se non riuscirai a trovare dentro te stesso cio´che cerchi, non potrai trovarlo nemmeno fuori. ….in te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh uomo, conosci te stesso e conoscerai l´universo degli Dei…“
Alcune centinaia di anni dopo, Epitteto, filosofo Greco in epoca romana (50 d.C. circa – 130 d.C. circa), definito come il „nuovo Socrate“ , affermo´ nel suo Enchiridion, Manuale nr. 3 che:
„…Ricordati dunque che, se credi che le cose che sono per natura in uno stato di schiavitù siano libere e che le cose che ti sono estranee siano tue, sarai ostacolato nell’agire, ti troverai in uno stato di tristezza e di inquietudine, e rimprovererai Dio e gli uomini. Se al contrario pensi che sia tuo solo ciò che è tuo, e che ciò che ti è estraneo – come in effetti è – ti sia estraneo, nessuno potrà più esercitare alcuna costrizione su di te, nessuno potrà più ostacolarti, non muoverai più rimproveri a nessuno, non accuserai più nessuno, non farai più nulla contro la tua volontà, nessuno ti danneggerà, non avrai più nemici, perché non subirai più alcun danno.”
Anche Epitteto quindi basava il concetto di „cura di se“ come un lavoro etico su se stessi e sull´essere „guardiani di se stessi“.
Facendo un salto di 1900 anni circa, il presidente americano Theodore Roosevelt, in occasione della sua visita all´Universita´della Sorbona di Parigi nel 1910, tenne un discorso che passo´alla storia come uno dei piu´emozionanti di tutti i tempi. Tra l’altro esso, insieme alla famosissima „Invictus“ scritta nel 1888 dal poeta inglese William E. Henley, ispiro´un´altro capo di stato, Nelson Mandela, durante i suoi 27 anni di prigionia a Robben Island in Sudafrica.
Il discorso che Rooselvelt tenne e´un insieme dei punti sopracitati: Motivazione intrinseca, cura di se´ e dedizione.
„…Non è il critico che conta, né l’individuo che indica come l’uomo forte inciampi, o come avrebbe potuto compiere meglio un’azione. L’onore spetta all’uomo che realmente sta nell’arena, il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore, dal sangue; #4 a colui che lotta con coraggio; che sbaglia ripetutamente, perché non c’è tentativo senza errori e manchevolezze; ma che combatte davvero per raggiungere un obiettivo; che conosce davvero l’entusiasmo, la dedizione, e si spende per una giusta causa; che, nella migliore delle ipotesi, conosce alla fine il trionfo delle grandi conquiste e, nella peggiore, se fallisce, almeno cade sapendo di aver osato abbastanza. Per questo il suo posto non sarà mai accanto a quelle anime timide che non conoscono né la vittoria né la sconfitta…“
4. Il concetto di „Agency“
Un´altro punto chiave, una volta che il coachee ha preso consapevolezza del suo „essere“ e averne cura, aver individuato le sue potenzialita´gia´conosciute o nascoste, e´ il concetto di Agency. Essere Autodeterminati significa agire con volonta´e operativita´ (Agency), in autonomia e con pieno coinvolgimento.
Con pieno coinvolgimento.
Essere controllati, viceversa, significa agire principalmente sotto l´influenza di una volonta´esterna ( o interna se spinti da principi morali). Nel mondo dello Sport, ma spesso anche negli altri ambiti lavorativi, il pieno coinvolgimento di una squadra o di un atleta fanno la differenza nel raggiungimento del risultato. Un atleta o una squadra che non e´ coinvolta, difficilmente dara´ quella percentuale in piu´che serve per vincere una partita o per battere un record. Albert Bandura, psicologo canadese, nel suo „Autoefficacia: teoria e applicazioni“, definisce il concetto di agenticità umana (human agency), punto cardine dell’intera teoria social-cognitiva, come la capacità di agire attivamente e trasformativamente nel contesto in cui si è inseriti. Quindi Bandura ci fa capire che non soltanto la capacita´di agire e il pieno coinvolgimento sono importanti, ma anche il contesto dove si opera giocano un ruolo fondamentale per l´autorealizzazione.
Nel concetto di Autorealizzazione Agentiva, lo sviluppo delle competenze si fondano su tre principi:
Le risorse personali (il concetto dell´essere)
Le conoscenze (il concetto del sapere)
Le abilita´(il concetto del fare)
L´autorealizzazione si completa definitivamente quando le competenze vengono riconosciute dall´esterno.
Per un Allenatore o un Manager saper identificare cio´che ognuno sa´ far meglio spesso porta anche a identificare le attivita´ per le quali si muove la passione, intesa come meccanismo nel quale si attivano le pulsioni della persona.! Svolgere una professione o relazionarsi in assonanza con le proprie attitudini personali, sviluppa la motivazione intrinseca, perche´la persona riesce a trovare soddisfazione in quello che svolge e s´impegna in quanto e´ stimolante e gratificante. E qui che un Manager o l’operato di un Allenatore fa la differenza. Il saper riconoscere le attitudini di una persona per scatenare il cosiddetto „fuoco sacro interiore“. Quel fuoco che non avra´bisogno di essere alimentato dall´esterno…..
5. Competenze calde e competenze fredde.
Prendendo in esame me stesso, uno degli errori che ho fatto da allenatore (… e che a volte continuo a fare, arrabbiandomi poi …), e´credere che l´atleta abbia sempre bisogno di me. Partendo da questo concetto, ho spesso pensato che il modo migliore per allenare una squadra fosse il metodo , citato da Tim Gallwey nel suo „Inner Game of Tennis“, Comando-Controllo-Esecuzione, credendo che questo metodo desse sicurezza all´atleta, perche´ la deresponsabilizzava e quindi la rendeva piu´ tranquilla nell´esecuzione delle tecniche o delle situazioni di gioco.Niente di piu´sbagliato. Gia´prima della frequentazione di questo percorso di Coaching, mi stavo rendendo conto che nel mio metodo , pur abbastanza efficace e pieno di soddisfazioni, mancasse qualcosa che gli facesse fare il definitivo salto di qualita´.Spesso mi dicevo „ quest´anno voglio che le mie giocatrici diventino piu´ indipendenti durante le partite“ ma poi alla fine, quando si giravano verso di me chiedendomi cosa dovevano fare in una situazione specifica, finiva che ero sempre io a dare l´indicazione. Guardando i colleghi che avevano ottenuto risultati migliori dei miei, mi sono sempre chiesto come facessero, osservavo i loro time-out, cosa dicevano e soprattutto cosa non dicevano. Nei time out un allenatore ha al massimo 1 minuto per dire o non dire qualcosa. Ma in allenamento?! ! Io ho spesso allenato con il metodo delle cosiddette Competenze Fredde. I miei allenamenti sono stati quasi sempre esercizi prestazionali, dove l´obiettivo o il successo si raggiungeva attraverso il risultato. ! Il problema principale che gli allenatori hanno nella formazione di un´atleta o di una squadra (non di un gruppo, precisiamo, ma di una squadra, cioe´un gruppo tutto rivolto verso l´obiettivo con alto senso di appartenenza!), e´che il primo nemico da battere e´ il tempo. Un allenatore viene giudicato purtroppo dai risultati in un determinato periodo di tempo. Quindi scatta in lui un senso di co-responsabilita´, che, per affrettare risultati e tempi, lo porta a lavorare con il metodo delle competenze fredde, cioe´ il lavoro supportato da una motivazione estrinseca. In poche parole, poco lavoro sulle potenzialita´ personali e molto sul risultato. Le esperienze che l´atleta fa sul campo lo portano a vivere la fatica e l´impegno con, a volte, grande frustrazione. Non e´un caso che certi atleti, ad un certo punto della carriera, mollano non spinti piu´da leve motivazionali.Gli allenatori che lavorano con le basi delle competenze fredde non vincono tanto e non danno continuita´ai loro risultati. Ma soprattutto „non portano gli atleti dalla loro parte“. Nel mondo del lavoro, i manager che lavorano con metodi autoritari, non portano dalla loro parte i dipendenti.
Le Competenze Calde partono da altri principi. Innanzi tutto esplorano a tutto raggio i principi della cura di se´, della SDT e della Human Agency.! Con le competenze calde un´atleta piuttosto che un dipendente ha bisogno di ascoltarsi (cura di se´), ha bisogno di relazionarsi, ha bisogno di competenze, ha bisogno di autonomia e ha bisogno di agire ( Human Agency) per realizzarsi. Se un allenatore „allena“ le competenze calde di un atleta, innanzi tutto allena le sue potenzialita´. Questo scatena un processo che lo porta ad agire secondo una motivazione intrinseca, guidata da se stesso e non dall´esterno. L´allenamento viene visto come esercizio intenzionale, non prestazionale. Una grande differenza. Sicuramente il processo e´piu´lungo e un allenatore o un manager lo deve discutere, prima che con gli atleti o con i dipendenti, con la sua dirigenza e o proprietà, piuttosto che con il consiglio di amministrazione per non avere ripercussioni sul suo operato.
Ma portare un´atleta a farlo lavorare sulle sue competenze calde lo portera´ sicuramente a vivere il raggiungimento dell´obbiettivo come un´autorealizzazione, e attraverso questo processo a far emergere il talento e le attitudini che ogni persona ha dentro di se´.
Le esperienze che un´atleta fara´sul campo saranno non piu´ nel rapporto fatica-frustazione ma di fatica-flow, cioe´ quel rapporto che si instaura attraverso il livello di capacita´ ( Skill level) e il livello di sfida (Challenge level).
Attraverso le competenze calde il rapporto capacita´personali/livello della sfida non raggiungera´ mai una situazione di ansia da prestazione piuttosto che una situazione di rilassamento.
Come dice Gallwey, „ piu´ io lavoro su una situazione Focus-Fiducia in se stessi- Autonomia e non sul Comando-Controllo-Esecuzione, molto probabilmente avremo sempre piu´atleti autonomi nei momenti piu´importanti di una partita“.
In pratica, avremo gli atleti che sanno fare la differenza e fanno vincere una squadra e, di conseguenza una allenatore.
6. Conclusioni
Attraverso questo percorso di Coaching mi e´ ora chiaro che un eventuale cambio di approccio e di relazione con le mie atlete mi fara´ fare sicuramente, oltre alle abilita´dell´atleta stessa, un importante passo in avanti… …. e a portare l´atleta al cosidetto CAR… Consapevolezza, Autonomia e Responsabilita´….Per obiettivi e traguardi vincenti….per le mie atlete… per me stesso…
Bibliografia
Albert Bandura: „Autoefficacia: teoria e applicazioni“ (1997, ed. it. 2000). Erickson
A. Pannitti, F. Rossi: „L´essenza del Coaching – Il metodo per scoprire le potenzialita´ e sviluppare l´eccellenza“ (2012), Ed. F. Angeli Trend.
Andre´Agassi: „Open – La mia storia“ (2011) Ed. Einaudi
Dan Peterson, Dino Ruta: „Per me… Numero 1 – Aneddoti (sportivi e non) per allenarsi da leader.“ (2013) Ed. Egea
Tim Gallwey: „Inner Game Coaching – Warum Erfahrungen der beste Lehrmeister sind“ (Inner Game of Work – Perche´ le esperienze sono i migliori maestri), (2010)Ed. Allesimfluss_Verlag
William E. Henley : „Invictus“ – The Oxford Book of English Verse, (1875) Arthur Quiller Couch!
Filmografia
Clint Eastwood: „Invictus“ con Matt Damon e Morgan Freeman, (2009) Warner Bros Pictures
Dan Pink: „ The puzzle of motivation“ , Ted global channel, (2009)
Internet
Google motore di ricerca: Discorso di Theodore Roosevelt alla Sorbona di Parigi
Google motore di ricerca: Epitteto „Enchiridion“, Manuale nr.3, pag.143
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